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Il Piccolo Principe chiede 
“Che cosa vuol dire addomesticare?” 
“E’ una cosa da molto dimenticata. 
Vuol dire creare dei legami” 
gli risponde la Volpe 
Accompagnare la crescita dei bambini con l’adozione di un cucciolo è sicuramente un valore aggiunto alla loro educazione. I benefici sono a livello psicologico ma anche fisico e relazionale.
Interagire quotidianamente con un animale, infatti, insegna la “diversità” perché impegna il bambino nella scoperta che non c’è solo lui e che spesso gli altri hanno esigenze non solo degne di rispetto ma anche difficili da intuire. Impara a avere pazienza e ad essere tollerante verso ciò che è diverso e debole, il che talvolta sembra in controtendenza con i principi della società moderna, caratterizzata da dinamiche competitive e egocentriche e da rapporti di potere.
Inoltre, ci sono benefici fisici perché accarezzare il proprio cucciolo comporta reazioni neurovegetative positive e giocare con un amico a quattro zampe, facilita le abilità motorie.
I risultati maggiori si hanno quando fin da piccolissimo si trova a convivere con un animale: starà ai suoi genitori insegnare al pet a non considerare il neonato come un intruso e ad abituarsi alla sua presenza, per esempio, lasciando invariate le sue pratiche quotidiane e permettendo che la curiosità innata lo faccia avvicinare lentamente e in condizioni di sicurezza.
L’attenzione verso gli animali è però evidente soprattutto a partire dai due anni (basti pensare alle favole) e solo dai 4-6 anni il bambino sa chiedere un cucciolo in modo più realistico perché può essere responsabilizzato per questa relazione.
Solitamente, un cane è adatto anche per i bambini molto piccoli mentre un gatto per quelli un po’ più grandi. La complessità di queste due specie li rende gli animali più ricercati dai bambini. Così, con il cane, il bambino riesce da subito a stabilire un rapporto affettivo attraverso il gioco. Quando è molto piccolo, infatti, l’abitudine di lanciare gli oggetti ben si incastra con l’istinto innato di riportarli al padrone proprio del cane. E poi, quando inizia a gattonare, il bambino ha comunque bisogno di aggrapparsi a qualcosa e il cane che si fa trascinare con il guinzaglio può essere molto rassicurante.
Il gatto, invece, essendo più indipendente, attrae i bambini dopo i due anni, acquisita ormai la piena padronanza motoria: il micio si muove molto velocemente e uno dei divertimenti del piccolo è seguirlo mentre rincorre una pallina o un altro oggetto o giocare con lui a nascondino. Dal suo gattino, il bambino può imparare a essere legato e indipendente, curioso e pulito, ora rilassato ora attento.Per un bambino i cui genitori sono molto presenti, un animale domestico può costituire un’altra figura da investire e anche un modo per distanziarsi senza traumi dalle figure parentali. Quando nasce un fratellino, un animale in casa può attutire il senso di esclusione e quindi ridurre la gelosia per il nuovo nato.Per un bambino i cui genitori sono spesso impegnati, invece, un animale domestico può costituire un punto di riferimento importante, a cui rivolgersi per introiettare un’idea di un mondo familiare capace di proteggerlo dai pericoli esterni. Dedicargli delle cure quasi umane risponde per lo più a un bisogno inconsapevole di accudire o, forse, di essere accuditi, di dare conforto a sé stesso. È quasi terapeutico.Durante le varie fasi della sua crescita, il bambino considera il suo animale ora come un amico, quindi in un rapporto alla pari, entrambi piccoli e dipendenti, ora come un cucciolo da proteggere, cimentandosi in ruoli di cura e accudimento (non di rado, gli adulti si stupiscono che i bambini piccoli possano giocare serenamente con cani di grossa taglia) ora come una figura più grande, visto che il cane e il gatto crescono più rapidamente del cucciolo d’uomo. Così, la presenza di un animale può essere, ad esempio, di aiuto a sconfiggere le sue paure e poi il bambino osserva l’animale che nasce, si accoppia, gioca, cresce, soffre, muore. Attraverso la sua vita, quindi, può far esperienza di aspetti che gli adulti non gli spiegano ancora, come la sessualità e la morte.Se si riesce a evitare di umanizzare troppo l’animale o di considerarlo un oggetto, si crea un rapporto di empatia e di affetto senza ambivalenza, un’intima affinità e un’indiscussa solidarietà che permette di aprirsi alla natura e alla vita in modo più ricco.

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