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Ma perché balbetto?

La scienza mi dice che lo sviluppo del linguaggio è qualcosa di molto complesso, si mettono in gioco aspetti innati e ambientali ma nessuno scienziato è riuscito ancora a spiegare cosa determina la mia balbuzie. Ci può essere una certa familiarità, una certa predisposizione, così la chiamano, ma i miei genitori non per forza balbettano, e forse c’entra la genetica, visto che sono più i maschi che le femmine. Sicuramente non è colpa di mamma e papà, però nemmeno mia: io non sto cercando di attirare l’attenzione, non ho acquisito una cattiva abitudine, non sono meno intelligente degli altri bambini e anche la coordinazione motoria è la stessa, non ho un problema di personalità o udito.

Il mio dottore all’inizio voleva tranquillizzare la mia famiglia dicendo che non dovevano preoccuparsi, tanto è normale. In effetti, tutti i bambini piccoli, quando imparano a parlare, sbagliano: ripetizioni brevi, esitazioni e prolungamenti di suoni diminuiscono gradualmente e poi scompaiono nella maggior parte dei casi perché parlare in modo fluente non richiede sforzi. Nessun bambino nasce con il problema della balbuzie, ci sono però delle fasi critiche dello sviluppo: a tre anni, quando si passa da enunciati di due parole all’uso di frasi complesse, e verso i sei anni, quando l’ingresso nella scuola porta al confronto con le regole sociali e istituzionali. Quando in questa fascia d’età, inizio a sapere molte più parole di quelle che riesco a dire, ho bisogno che ci sia un intervento precoce da parte degli adulti che si prendono cura di me perché rischio di cronicizzare il mio problema. Molti non lo sanno ma un trattamento tempestivo soprattutto in età pre-scolare, può essere decisivo ai fini preventivi e bastano a volte pochi mesi per vedere grandi miglioramenti. E molti non sanno nemmeno che ci sono un sacco di balbuzienti: si dice un bambino su cento, tipo uno ogni 4-5 classi di scolari, sotto i 14 anni.

A proposito, il ruolo delle mie insegnanti è fondamentale per farmi stare bene tutti i giorni a scuola. Cerco supporto e comprensione, perché sono in difficoltà quando interagisco con i miei compagni. Loro ridono se cerco di parlare ma non sono cattivi e egoisti, a volte sono solo disinformati. Allora i miei insegnanti possono aiutarli a capirmi meglio e io posso raccontare la mia esperienza se gli altri mi ascoltano. Aiutarmi non significa però avere dei favoritismi: non voglio evitare di parlare in pubblico o di leggere ad alta voce in classe perché la mia terapia richiede esercitazioni sul campo e prove in situazioni sempre più impegnative. Voglio essere trattato come gli altri, perché sono come tutti gli altri bambini, non voglio essere messo in imbarazzo ma nemmeno sentirmi diverso, o considerato con compassione, non ditemi di aver capito se non è vero, invece mi gratifica dare un contributo significativo alla vita in aula, e posso ben riuscirci. Inutile dirmi di riflettere prima di parlare, di stare tranquillo o fare un bel respiro, sbaglio ancora di più: non sono nervoso e quindi parlo male ma è il contrario, balbettare mi porta a vergognarmi di parlare, ad aver paura di sbagliare ancora, ad avere ansia perché anticipo una brutta figura. A volte è sufficiente che le insegnanti mi diano un po’ più di tempo o che si confrontino con i miei genitori, la mia logopedista… o anche con me, che mi chiedano cosa preferisco e magari si inventino dei piccoli trucchi (per es., se mi chiamano ad intervenire all’improvviso, fregano la mia ansia anticipatoria che non ha più il tempo di mangiarmi le parole, oppure se mi mettono vicino ai compagni più pazienti nei lavori di gruppo, si vede meno che posso sbagliare).

E mi piacerebbe che tutti si immaginassero come posso stare. Insomma, a me non riesce una cosa che per chiunque è considerata spontanea e naturale. E questo mi innervosisce, io con la mia “disfluenza” non vado tanto d’accordo, mi fa diventare teso, proprio i miei muscoli della faccia e del corpo si irrigidiscono, e a volte provo vergogna, senso di colpa, e frustrazione. Mi dicono che balbettare dipende anche dal bisogno di controllare l’impulsività o l’aggressività, o che i miei sono dei perfezionisti. Ma chi non si arrabbia quando sbaglia? E chi non vorrebbe il massimo per i suoi figli? Io so solo che forse, senza la balbuzie, non sarei così emotivo e insicuro, preoccupato e timido nelle situazioni comunicative – tra me e me parlo meglio. Chi lo sa, però, forse sarei emotivo lo stesso e senza più sapere nemmeno perché!

Insomma, non facciamone una tragedia, perché non lo è. In fondo, ogni bambino è diverso da un altro, ognuno trova il suo modo di crescere e forse a me tocca solo fare un po’ di strada in più per raggiungere lo stesso risultato ma capirai, io sono forte, lo so, ce la posso fare, altri bambini forse sarebbero giù di tono per questa difficoltà, io invece ho imparato che le persone ti sanno aiutare e che ci possono essere degli ostacoli, è vero, ma che si possono superare con qualche trucco. Se la balbuzie è un problema di ritmo del linguaggio, vorrà dire che io conosco una musica diversa, che ho una cassa di risonanza particolare per tutte le mie emozioni. E se mi sentirò un pesce fuor d’acqua in alcuni momenti, imparerò a non starmene muto come gli abitanti del mare.

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